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BOYZ'N THE HOOD Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 10 agosto 1991
 
di John Singleton , con Larry Fishburne, Ice Cube, Angela Bassett (Stati Uniti, 1991)
Occhio al cinema Black. Innanzitutto, per ricordarsi che esisteva già negli anni Settanta: sotto forma di cinema d'azione, che allora si spregiava per commerciale. Quello che ruotava attorno ai polizieschi di SHAFT, e che poi sfociava nel successo divistico di personaggi di colore come Eddie Murphy.

All'inizio del Novanta, la musica (è il caso dirlo, vedi l'uso del rap e di altre colorazioni non esattamente originali in BOYZ') cambia: ecco i primi film di Spike Lee, Robert Towsewnd, Charles Lane, Bill Duke, Charles Burnett; tutti prodotti in maniera più o meno avventurosa. Ed ora le Majors: forse anche perché il resto del piatto piange - e basta un po' di ritmo per sollevare l'ambiente - si stanno accorgendo che questo cinema All Black può anche rappresentare un affare. Con tutto ciò che comporta: piace ai neri poiché dipinge (è poi da vedere in che modo) il loro mondo. E piace ai bianchi: per la musica - che crea una specie di ponte interetnico - e poi per tutte quelle ragioni non esattamente artistiche per le quali i bianchi ammirano i neri, perlomeno a livello di rotocalco (mito della virilità maschile, estetica pinup delle ragazze di colore, amore-odio per una razza ancora vitalissima).

Se gente come Spike Lee continua fortunatamente imperterrita per la propria strada, nasce attualmente un cinema nero di grande diffusione: e che sembra destinato a sensibilizzare i problemi, le aspirazioni, il modo di vivere delle comunità nere, solitamente emarginate alla periferia delle metropoli nordamericane. È un cinema che si avvale della tradizione ritmica della cultura nera, quindi scattante e colorato sui vari piani dell'espressione cinematografica, abilissimo nel recuperare quei cliché (le musiche, l'estetica degli attori, l'abbigliamento, la parlata, la gestualità) di cui sopra. Tutto è destinato a sedurci in BOYZ' IN THE HOOD (ma anche nel divertente film di Bill Duke, A RAGE IN HARLEM, apparso fugacemente nel Sopraceneri): ma bisognerà vedere, fra qualche tempo, fino a che punto queste opere testimoniano le esigenze attuali delle minoranze di colore.

Il film di Singleton denuncia - con un volontarismo che minaccia continuamente di sbavare in moralismo sulla forma della pellicola - diritti sacrosanti a vivere in pace: ed in tale senso (se lo immaginate interpretato da bianchi) non è molto dissimile da certi film sulla delinquenza giovanile che si giravano 40 anni fa a Hollywood: con Bing Crosby o Van Heflin nei panni del parroco buono. Ma la domanda da farsi è forse questa: le bande di neri che provocano attualmente feriti ed addirittura morti alle proiezioni del film in America, agiscono per mimetismo con i personaggi condannati dal film: oppure perché reagiscono ad una visione del loro mondo che ritengono ipocrita, strumentalizzata o addirittura perversa? Un interrogativo che le sommosse di Los Angeles, accadute nel frattempo, non hanno di certo ancora chiarito.


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